martedì 31 gennaio 2012

Genova-Lisbona, andata e soprattutto ritorno.

“Allora, ti è piaciuta Lisbona?”


La domanda, inevitabile, mi coglie impreparato e mi lascia addosso sempre un senso di disagio, come se avessi paura di rispondere. Ne ho sempre sentito parlare come di una città stupenda, che fa innamorare, che ti avvolge e ti ammalia, che ti colpisce e ti rimane addosso. L’ho vista e l’ho vissuta, in due momenti diversi, per una quindicina di giorni, l’ho vista di giorno e di notte, l’ho girata a piedi e in tram, sotto la pioggia e con il sole. E tutte le volte che mi fanno quella domanda, ripercorro ogni angolo di quella città.

E ogni volta rispondo che non lo so se mi è piaciuta, Lisbona.

Non che sia brutta, anzi. La città vecchia è una città nervosa, un continuo saliscendi che impone al turista faticose camminate e lo sorprende con improvvisi scorci dal sapore vagamente genovese. Vecchi tram percorrono lentamente le strade e contribuiscono a lasciare un’immagine artistica della città, ben impressa nella mente di chi la vede. Pensando a Lisbona, vi verrà in mente il vecchio tram che stenta in salita, e che scende timoroso per strade che sembrano troppo strette per permettergli il passaggio. Sono immagini da cartolina, non tradiscono le attese.

Rendete omaggio al Bairro Alto, punto di ritrovo serale dei giovani, portoghesi e non, sede della movida lisbonese. Troverete un quartiere sufficientemente spoglio e povero, che la sera si rianima, ospitando locali ad ogni portone e offrendo ogni genere di divertimento a prezzi irrisori. Camminateci di giorno e lo troverete deserto, desolato. Tornateci la sera e dovrete sgomitare per passare, procedendo comunque a rilento.

E poi Baixa Chiado e Restauradores. Sono due quartieri ai piedi della città vecchia, caratterizzati da un’architettura semplice e austera che trova la massima espressione in Praça Dom Pedro IV e in Praça da Figueira. Semplici e molto belle, una accanto all’altra, fanno da collante tra i quartieri residenziali e la parte storica, proiettandovi verso il mare. Perdetevi ancora nell’immensità di Praça do Comércio, lasciatevi abbracciare dagli edifici che la contornano e girate su voi stessi: alle vostre spalle il mare, davanti a voi la città. Suggestivo e promettente, rimane uno dei momenti più belli di Lisbona.


Visitate ancora il Castelo de Sao Jorge e la Basilica di Estrella, date un'occhiata a Oriente (quartiere moderno, forse carino ma senza alcun tipo di legame con il resto della città) e spingetevi fino a Belé, con visita obbligatoria al Monasteros dos Jerònimos (stupendo, davvero stupendo).

Camminate senza fretta, in pochi giorni (due o tre al massimo) avrete visto tutto ciò che c’è da vedere. 


Chiedetevi se Lisbona vi è veramente piaciuta. Fermatevi e pensate a ciò che avete visto.

Io l’ho fatto. Spogliato dal fascino di una città straniera e liberato dai giudizi pieni di entusiasmo di chi c’è stato, rimane una città piacevole, a tratti persino bella. Punto. Niente facili innamoramenti, niente stupore e niente pezzi di cuore presi in ostaggio. Perché Lisbona è anche una città povera, persino grigia, con colori e quartieri che la rendono triste. E la contraddizione eterna di chi vuol essere ma non può.

Se apro gli occhi e guardo Genova, la mia Genova, la tanto bistrattata Genova, scopro che è proprio ciò che Lisbona vorrebbe essere e non è. Scorci di mare da togliere il fiato (Boccadasse e la stessa Vernazzola), quartieri residenziali di rara bellezza che sono memoria e cuore della Genova che fu e affermazione dei nuovi genovesi (come Castelletto, Carignano e Albaro) e un centro storico che non ha eguali per bellezza e cultura (penso a Via Garibaldi, ma gli esempi potrebbero moltiplicarsi quasi all’infinito).

Una bellezza pura, nascosta dal burbero lamentarsi e dal dignitoso non voler apparire della nostra terra. Ma una bellezza vera, catturata nei secoli, così evidente da legare i versi di Petrarca alle parole di Gregory David Roberts nel suo “shantaram”.

A Lisbona invidio solo il sorriso di due stagioni, quelle che mancano ad arrivare alla fine di giugno. Poi, quel sorriso sarà di nuovo mio. E di Genova.

lunedì 30 gennaio 2012

Por qué Fagiano, por qué?!


Il titolo riprende uno sfogo di Josè Mourinho quando, ormai rassegnato al fatto di non poter mai e poi mai battere il Barcellona in uno scontro diretto, si è posto alcune domande, anzi, alcuni perché.
Questo post non analizzerà la partita, c'è poco da dire, il King Size ha perso 6 (o 7) a 2 con un solo sussulto sul 3-0 avversario quando un Varlese a mezzo servizio ed una testata di Bertoni portano il Fagiano sul 3-2.
Mi chiedo, por qué non c'era Luca Dal Pozzo?
Mi chiedo, por qué non c'era Marco Ferrando in arte Corrando?
Mi chiedo, por qué non c'era Simone Pieri Vincentelli?
Mi chiedo, por qué non c'era Emanuele Dagnino (che pare non essersela sentita)?
Le assenze di Giacomone e del Capitan Dogliotti sono giustificate, il primo già domenica scorsa comunicava la sua assenza, il secondo è alle prese con qualche "punto" di troppo.
E' vero, ieri sera c'erano 2° ad essere positivi, pioveva ed il campo era in condizioni pessime.
Ma 7 Fagiani c'erano. Marchesi, Staricco, Galliano, Ravazzolo, Bertoni, Giotti e Mister Varlese, quest'ultimo sceso in campo nonostante il gravissimo e serissimo infortunio.
Gli altri?
Mi chiedo, e si chiedono tutte le maggiori testate giornalistiche, "dove vuole arrivare il King Size?".
Una squadra che al completo può battere chiunque, una squadra che al completo potrebbe essere in testa a questo girone, una squadra che non al completo (anzi, contati) è riuscita a pareggiare con gli ultimi in classifica e prenderne 6 (o 7) questo turno.
Cosa vogliamo fare?
E' vero che il girone di ritorno è cominciato come il girone d'andata (sconfitta) e che quindi, con gli stessi punti dell'andata (+2 perché si spera di vincere con gli ultimi), si potrebbe concludere al 3°/4° posto; ma cercare di vincere una volta tanto?
Servono innesti sul mercato? Io penso proprio di no.
Penso, invece, che ci vorrebbe più cuore giallo/rosso.
La mia domenica calcistica poteva essere perfetta (grande Genoa e vittoria al Fantacalcio), così non è stato. Ma non tanto per la sconfitta, ma per quei 7 scappati di casa che, considerato lo stesso colore della maglia degli avversari, sono scesi in campo chi con la vecchia maglia, chi con la vecchissima e chi con la maglietta della Banda Bassotti.
E gli altri? Con pantofole e copertina seduti, al caldo, sul divano di casa.

giovedì 26 gennaio 2012

Sono le serate come quella appena trascorsa che mi merito, che ci meritiamo.

In cui i fatti valgono più di mille parole e i nostri silenzi dicono tutto.

Buonanotte..

mercoledì 25 gennaio 2012

Bea, la fashion victim

"Bea esci con me stamattina? Devo fare un giro per negozi."

"Ok Zia."

Qualche minuto dopo:

"tieni Zia," mi dice porgendomi una copia di glamour presa dal mio comodino,



"mettilo in borsa, così lo leggiamo quando siamo sul bus."




Chi è Bea?

Seienne, 1 metro di ruffianeria, vanità, testardaggine, 30 centimetri di dolcezza e qualche centimetro di acidità.

Non poteva che essere mia nipote.


lunedì 23 gennaio 2012

Hara-kingsize.


"Che hara-kiri King Size!".
Così titolano le maggiori testate giornalistiche nazionali, ed hanno ragione, proprio di hara-kiri si deve parlare.
Certo, il Fagiano era assolutamente rimaneggiato. Pesavano come macigni le assenze della Dalpa, del Capitano, di Giotti, di Ferrando, di The Wall Staricco. Beh, su quest'ultimo i dubbi sono molti. Mister Varlese si è ormai rassegnato a perdere colui che, giustamente, un tempo era chiamato The Wall, ormai considerato un unico, piccolo, solo brick in quel the wall che, appunto, era; spesso verdognolo, farfugliante parole senza senso e, soprattutto, desaparecido. Confuso.
Detto ciò, la formazione vede Capitan - e presto papà - Ravazzolo in difesa assieme a Galliano. Simo sulla fascia sinistra, e Mone, rinfrancato dalla presenza dell'unica spettatrice del King sugli spalti, all'opposto. Bertoni a dettare i tempi dietro ad uno stoico Mister Varlese, sacrificatosi per i primi 8 minuti, in attesa della Dagna dispersa chissà dove.
Gli avversari? Beh, erano qualcosa che di più inguardabile non si poteva vedere. Ben lontani da quello che si può definire una squadra. A km-luce da qualcosa di assolutamente definibile.
Nonostante la netta superiorità, il King Size Utd gioca la più classica partita da Fagiano, neppure supportati da quella che viene da alcuni definita sorte, da altri fortuna e dai più, semplicemente culo.
Dopo il facile 1-0 siglato dal semprepiùfiliformeebomber Mone, Galliano sfodera ciò di cui nessuno - e neppure lui - lo considerava capace: il tiro dalla distanza. Un bolide sfiora il palo ed uno viene disinnescato con difficoltà.
Bertoni detta geometrie non all'altezza della sua indiscussa fama nel circuito Calcio Liguria, e non solo, ma pur sempre sufficienti per creare quelle palle gol che dovevano essere sfruttate.
Nel primo tempo si registrano solo due svarioni della difesa giallo-rossa, difesa poi ben bloccata con l'attenzione di Rava e le diagonali di Simo.
All'intervallo Mister Varlese, nelle sue più consuete vesti di sciamano, afferma con tono deciso: "se non gli facciamo il secondo qui lo si prende.". Interviene quindi la Dagna, che con quel tono pacato, calmo, ma pungente, suggerisce la sua strategia vincente: "Catenaccio ragazzi, catenaccio".
Non si capisce bene con che spirito il pennuto sia entrato in campo nella ripresa. Fatto sta che le occasioni create non sono state sfruttate per questione di centimetri (i tiri della Dagna), di decimetri (i tiri di Simo) e di chilometri (i famosi tiri al volo di mancino di Mone).
Detto questo, la difesa diagonalata di giallo-rosso concede solo al 24° (minuto speculare all'89°) l'unica  vera occasione della partita agli avversari. Galliano liscia un colpo di testa banale (anche se fino a quel momento i neuroni persi considerati gli innumerevoli interventi di testa erano e sono indefiniti), Rava si fa scappare l'uomo e Marchesi - sì, c'era anche lui - completa la frittata. 1-1.
Due punti letteralmente buttati nel cesso, ma non demordiamo.
Domenica prossima ci attende la Bocciofila Sestrese, nel girone d'andata vittoriosa contro un Fagiano ridotto in 6 uomini per un tempo, e festanti come se avessero vinto la Champions League.
L'occhio del Fagiano gronda sangue.

Non essendoci il Capitano le pagelle le ha fatte il Mister, qui.

domenica 22 gennaio 2012

J. Edgar


Premetto che il film avrebbe meritato forse più attenzioni.
Premetto che mi sono addormentato 4/5 volte, ed in una di queste la mia fase rem era attivissima.
Detto ciò, ritengo che Di Caprio continui a sfornare prestazioni maiuscole.
Il film, che come tutti i fan di mymovies, oppure che come tutti i wikipediani digitatanti J. Edgar sanno (PIPA e SOPA  permettendo), è una biografia della vita di colui che ha reso efficiente il bureau per eccellenza. Quell'ufficio tutto americano dall'acronimo in parte francese, l' FBI, insomma.
J. Edgar, nel suo lavoro, è un patriottico, un uomo che non si discosta dal suo pensiero e dai suoi ideali.  Duro, repressivo e sommamente categorico. Proprio la sua tenacia ed il suo amor per gli Stati Uniti in pieno periodo proibizionista gli permettono in brevissimo tempo di prendere il comando e riorganizzare un'istituzione che, probabilmente, in quel tempo pochi americani conoscevano o, comunque, consideravano utile (prima scena "al cinema" emblematica).
La pellicola, quindi, offre allo spettatore un personaggio che ben può identificare tutti quegli stereotipi dell'americano conservatore. Al tempo stesso, però, regala - grazie ad un Di Caprio superbo, a parer mio - un sentimentalismo che mai ci si sarebbe aspettati dal duro chief dell'FBI.
L'amore sconsiderato nei confronti della madre che sfocia in una vera e propria ossessione, il represso amore nei confronti del compagno di sempre, la profonda stima nei confronti di una segretaria che accompagnerà ogni momento della sua ascesa e della sua caduta.
J. Edgar è un film completo, ed Eastwood non tralascia alcun particolare.
Ecco, la velocità forse non è il suo punto forte. E' un film decisamente lento, costellato da dialoghi che se ascoltati dopo tot ore di lavoro ed in lieve stato di affaticamento creano qualche difficoltà.
Sarà che non sono un fan della lentezza (ribadisco che considero Barry Lindon di Kubrick un film decisamente mediocre), sarà che Hereafter non mi ha convinto, sarà che J. Edgar rimane comunque un film da vedere perchè: a) di Clint Eastwood; b) Di Caprio sfodera un'altra prestazione maiuscola (e tre!).
Consigliato per i motivi di cui sopra.

venerdì 20 gennaio 2012

Non ci ferma nemmeno il panettone.



Si riprende dopo le vacanze natalizie.
Si riprende con qualche chilo in più e minuto di fiato in meno.
Si riprende con Mone che pare non essere ingrassato di un etto, quella maglia bianca a strisce giallo/rosse lo fascia come un bebè nella culla.
Si riprende contro il Guaranito, primi in classifica.
La formazione è al top, pesano comunque le assenze di “The Wall” Staricco, a fare i conti con l’ennesimo eccesso, di Simo e di Albe. Il mister da l’esempio arrivando con una quindicina di minuti di ritardo, preso più dal seguire il derby che i suoi ragazzi. Capitan Dogliotti e la Dagna, inseriti nella formazione titolare arrivano anche loro in colpevole ritardo.
Insomma, le premesse per un’altra partita da fagiani ci sono tutte.
In realtà i ragazzi scendono in campo tranquilli, autoritari, mostrando un gioco quanto mai fluido e preciso.
In questa fotografia di squadra tipo, Marco “Corrando” Ferrando già al secondo minuto deve spiegare a Mone come si chiama. “Marco, mi chiamo Marco”. “Ok Corra, ok”, risponde Mone.
Il primo tempo si conclude con un equilibrato 1-0 per gli avversari. Nonostante il parziale negativo si intravedevano spiragli per un recupero.
In apertura di tempo, il mobilissimo Mone, imbeccato da un’assist al bacio di Galliano, piazza un sinistro imprendibile sotto la traversa. 1-1.
Il clima si fa teso e gli animi si surriscaldano. Il fagiano inizia ad innervosirsi.
Il Guaranito è compagine giovane, che fa del suo punto di forza la corsa. I due difensori del King, invece, già al 3° del secondo tempo mostravano segni di cedimento. Paonazzi e con sguardo allarmato si scambiavano affermazioni del tipo “oh belin, son di legno”, e Dalpoz: “non dirlo a me, mi vedesse Geppetto”.
Il 2-1 avversario era nell’aria ed arriva con una conclusione da fuori che non lascia scampo all’incolpevole Marchesi.
Ma qui, qui si sveglia chi fino a quel momento aveva lasciato a casa la voglia. Utile al King Size quanto uno spazzolino da denti in mezzo al deserto, Bertoni prende in mano le redini della squadra ed inizia ad impostare geometrie degne del miglior Pitagora.
Il 2-2 è di Giotti mentre il 3-2, un minuto dopo, è una saetta dello stesso Bertoni. Un tiro di forza tale da stentare ad arrivare quasi in porta. Gli spettatori - insolitamente presenti -, prima che la palla entrasse nel sacco son riusciti a consumare, nell’ordine, 2 vaschette di pop corn grandi, una fiorentina da 400 gr. a testa, 1 etto e mezzo di soppressata e 4 fiaschette di Lambrusco. L’entusiasmo era comprensibilmente alle stalle.
Grande prova dei ragazzi con un "giottiano" ma va a cagare all'arbitro che costa il rosso diretto.
Una dimostrazione che neppure panettoni, galline, pansoti, insalate russe ed affettati hanno minato la classe e la grinta di questo gruppo di scappati di casa.
Dai fagiani, sotto con la prossima.
Scusate il ritardo.

Qui le pagelle del Capitano.

Basketballme!


Da piccolo collezionavo figurine plastificate (o cartoncini, non ricordo), con sopra omoni, per lo più neri, in canotta e con una palla arancione punterellata tra le mani.
Erano ancora i tempi degli imbattibili Chicago Bulls di Michael Jordan e Scottie Pippen ed io, di basket, non ne sapevo una sega. Erano i tempi delle mode dei cappellini delle squadre, delle canotte larghissime e delle Nike che se pompeggiavi si gonfiavano.
Erano i tempi in cui avevo la maglia numero 32 degli Orlando Magic con stampato quel gran giocatore che era O'Neal.
Erano i tempi in cui avevo un cappellino azzurro con un'ape quando ancora gli Hornets erano a Charlotte e non a New Orleans.
Insomma, erano tempi confusi, quanto meno per me.
Non avendo avuto parabole, Telepiù, Sky & soci, il basket era un qualcosa di distante. Solo grazie al digitale terrestre mi sono riavvicinato al magico mondo della palla rimbalzina e del parquet rigorosamente made in USA (di italiano non so proprio nulla).
Sarà che la mia cultura calcistica mi impone di seguire una ed una sola squadra ed il resto è nulla, stesso ragionamento ho esteso alla pallacanestro. Dovevo scegliere.
Sarebbe stato troppo semplice gettarsi su Boston, Lakers, San Antonio o Bulls. Certo, mi affascinava Orlando. Essere fan di una squadra che praticamente ogni anno centra i play-off è troppo banale. Miami di adesso, ad esempio, con James, Bosh e Wade, magari non vincono il titolo (come contro la Dallas del sempreverde Kidd e di "dirkone" Novitzki), ma almeno danno spettacolo.
Invece no, ho scelto l'arancio-blu dei New York Knicks, roster che ha all'attivo due titoli quasi preistorici ma tante, tante, tante figure di merda. Dal 2000 non superano il primo turno ai playoff e, sempre dal 2000, per 8 volte manco ci arrivano. Ma quell'arancione-blu che cozza solo a vederlo, dopo approfondite cronistorie, aneddotti e spiegazioni forniti dal buon Mario mi si è appiccicato alla pelle (esagerato).
A casa ho una t-shirt col numero 1 di Amar'e Stoudemire. La canotta col 7 di Melo sarebbe tanta roba.


C'mon Knickerbockers!
Ah, dimenticavo di dirvi che la mia figurina preferita era quella di Dikembe Mutombo, ai tempi forse proprio dei Knicks, ma molto più probabilmente agli Houston Rockets.

mercoledì 18 gennaio 2012

Posso aggiungerla tra i nemici di Facebook?



Non ci voleva certo uno di quei santoni delle agenzie di rating per capirlo, il mio post di questa sera va senza dubbio dedicato al personaggio della settimana, il mitico Francesco Schettino, ex Comandante della Costa Concordia (che attualmente giace sulle coste dell'isola del Giglio).


Devo premettere però che, pur standomi un po' sul cazzo, in fondo devo difenderlo. Certo, non dico che sia innocente o che vi siano circostante che possano in qualche modo alleggerire la sua posizione. Quello che Chicco Schettino ha fatto, o più che altro che non ha fatto, resta di immane gravità anche per un estraneo al settore e del tutto vergine in tema di navigazione come me (fate conto che io soffro pure sul traghetto per la Corsica). 

Bisogna però fare una considerazione, perché ho l'impressione che, da quando siti web e social network sono diventati la nostra copertina di Linus, la così detta "gogna mediatica" abbia assunto proporzioni del tutto insostenibili per un comune mortale e tutto ciò mi porta ad un'ulteriore riflessione:
Non è che tra qualche anno vedremo i giudici concedere le attenuanti in base a quanti sfotto e a quante maledizioni uno ha totalizzato su Facebook? E se magari inventassimo la pagina dei "nemici di Facebook"? Pensate quanto sarebbe facile per un p.m. chiedere la giusta pena e per un giudice stabilire la condanna. Io già me li vedo: 


"Dunque avvocato, quanti nemici di Facebook ha totalizzato il suo assistito nell'ultima settimana?" - "Circa 1 milione vostro onore"- "Benissimo, allora gli sono concesse sia le attenuanti generiche che quelle specifiche!" - "Grazie vostro onore!" - "Capitano Schettino da questo momento è libero come cittadino, ma la condanno ad indossare a vita questa maglietta con la scritta: vada a bordo cazzo!"

Carino vero questo sistema? Oltretutto sarebbe un efficace metodo "svuota-carceri" perché, mentre la tua home page che se la passa al fresco, tu saresti libero come un uccellino ed al posto dei secondini ci sarebbe un gruppetto di NERD sociopatici a monitorare che le tue "preferenze" non calino e così via, zero costi per lo Stato e ricchi guadagni per il settore pubblicitario.

Dal momento però che non vorrei rendere Mark Zuckerberg più ricco di quanto già non sia, invito tutti a fare una riflessione ed aspettare che siano le indagini a dirci quella che mi auguro non sia solo la "verità processuale" come si è visto di recente in altri casi.


Nel frattempo salite tutti a bordo di in-coscienza cazzo!!!


Dott. A.

3 giorni, 2 città: Verona e Padova, il nostro primo viaggio (parte III)


Il secondo giorno ci siamo svegliati con questo cielo sopra Verona.




Con la speranza di trovarlo così anche a Padova, siamo andati in stazione (15/20 minuti di bus partendo da Ponte Pietra) e dopo circa mezz'ora di treno (FrecciaBianca, con il regionale é circa un'ora) eccoci arrivati!
Anche per visitare Padova abbiamo fatto la Padova Card (€ 17) che include i monumenti e i mezzi pubblici.



COSA VEDERE:

Prima tappa, obbligata: la Cappella degli Scrovegni! Noi avevamo la visitata guidata, che vi consiglio, perché, così, potrete capire la genialità di Giotto e ammirare ancora meglio la sua opera d'arte. 

Con la card potrete visitare anche il Museo Archeologico e il Museo d'Arte Medioevale e Moderna che, come la Cappella degli Scrovegni, fanno parte dei Musei Civici degli Eremitani.
Inoltre, fino al 30 gennaio c'é la mostra "Ermitage a Padova. Un omaggio a Rembrandt"...che se é piaciuta a noi che di arte ne sappiamo poco...

Da qui prendete C.so Garibaldi ed in pochi minuti sarete in pieno centro. 

Altra tappa obbligata di Padova..

D. vi consiglia di assaggiare il caffè che prende il nome del famoso locale che non é un semplice espresso -no, no- é un ottimo caffé con la crema alla menta.


Proseguendo per Via Cavour arriverete in Piazza delle Erbe con il suo famoso Palazzo della RAgione (e non REgione come continuavamo a chiamarlo noi..)




Da qui potrete raggiungere Piazza della Frutta e Piazza dei Signori con la sua Torre dell'Orologio






Mentre eravamo sotto la torre a cercare di capire come funziona l'orologio astrario, si avvicina un signore padovano che ci spiega, non solo come funziona, ma ci racconta anche un aneddoto: non ci sono tutti i segni zodiacali, ne manca uno, perché, si dice, che il costruttore, una volta finito l'orologio, non sia stato pagato dal committente e allora ha fatto togliere il segno della bilancia che simboleggia la giustizia.


Da Piazza dei Signori arrivare in Piazza del Duomo é un attimo..noi l'abbiamo capito solo dopo perché la guida che abbiamo usato ci ha fatto fare un giro più lungo, passando da Via Dietro Duomo, che ci ha permesso, appunto, di vedere la parte posteriore della cattedrale, davvero maestosa.

Da vedere, naturalmente, la Basilica di S. Antonio, patrono di Padova.
Come ci si arriva? Da Piazza Erbe, imboccate Via S. Canziano, poi Via S. Francesco e percorrete tutta Via del Santo alla fine della quale, sulla sinistra, c'é una pasticceria..camminare stanca e bisogna prevenire i cali di zuccheri!




Finita la visita alla basilica, prendete Via Belludi e arrivate a Prato della Valle: una delle piazze più grandi al mondo al cui centro c'é un parco circondato da una canale, attraversato da ponti.
















Per intenderci meglio..


google images


Ecco, immaginatevela con le luci di natale.. uno spettacolo!



Come uno spettacolo è stato il rogo della befana al quale abbiamo assistito.
Purtroppo la digitale mi ha abbandonata proprio sul più bello, quando D. mi passerà le sue foto aggiornerò il post..
















La nostra intenzione, finito il rogo, era quella di prendere il bus per tornare in stazione. Era...il traffico ce lo ha impedito e, per non perdere il treno, l'abbiamo fatta a piedi stupendoci di come la città si sia riempita di gente, suoni, rumori..durante la giornata l'avevamo trovata un po' vuota, probabilmente perché l'abbiamo girata in un giorno di festa. 





DOVE MANGIARE:

per la cena, purtroppo, non posso darvi consigli perché siamo rientrati a Verona in serata.

Per un veloce pausa pranzo, invece, sempre su consiglio di E., siamo andati all'enoteca Tira Bouchon dove potrete mangiare un buon panino (vi consiglio la sopressa, tipico salume di Padova) accompagnato da un bicchiere di vino (la rima non è voluta, ve lo giuro!).
N.B.: il locale chiude alle 14.30.

Ho dimenticato qualcosa?
Sicuramente si, ma visitando la città in una giornata abbiamo dovuto scegliere cosa vedere e cosa, purtroppo, tralasciare.

Come spesso mi capita, tornata a casa mi é venuta una grande voglia di ripartire!
Al prossimo viaggio allora!


(forse Venezia..forse per carnevale..sì, lo so, ci sarà casino e sì, se sei di Venezia o dintorni son ben accetti i tuoi consigli..poi ricambio se vieni a Genova!)



martedì 17 gennaio 2012

Fantastico Italiano!

Pingpongheggiava da qualche mesetto su Facebook la notizia che i Fantastico Italiano avrebbero abbracciato nuovamente il popolo genovese con una performance-flash, antipasto di ciò che a giungo sarà l'evento della loro definitiva consacrazione: i 10 anni dei Fantastico ed il loro 25° concerto.
La notte della Befana si tinge quindi di tash-italiano, e dove se non all'Hops Altrove. L'attesa era spasmodica.

Per i pochi, pochissimi, che leggendo Fantastico Italiano hanno - giustamente - pensato "ma chi cazzo sono?!", va precisato che trattasi di una serie pressoché indefinita di "elementi" tra cui due chitarre, un basso, una batteria, un cantante, tanti coristi e tantissimi "scoristi".
I nomi non li faccio non tanto per la loro riservatezza, quanto per la smisurata lunghezza che comporterebbe l'elenco. Ma forse lo farò.
L'amalgama è la grinta, l'obiettivo è il divertimento allo stato puro.
Il loro repertorio passa dall'esecuzione di brani come Brutta di Alessandro Canino, recita il Ti amo "tozziano", sfiora la delicatissima T'innamorerai di Marco Masini, brilla con la Canzone del sole di Lucio Battisti, rappa con Ragazzo fortunato di Jovanotti, arriva ad un dislessicamente educato Enrico Varlese che dopo aver intonato Disperato erotico stomp di Lucio Dalla si rivolge ai sui fan dicendo "chiedo scusO al pubblico più sensibile", chiude con Il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano, ma nel mezzo c'è molto altro.
Due ore e passa di adrenalina, con la classica cinghiata ad accompagnare canzoni come Ricominciamo di Adriano Pappalardo.
Vi pongo un quesito: qualcuno di voi in-coscienti ha mai pogato durissimo con Cuccurucu di Franco Battiato? Beh, io si.


Un po' di storia.
I Fantastico Italiano nascono nel giugno 2002 in uno dei più classici licei genovesi, il Colombo. L'idea era quella di infiammare i compagni con una ed unica apparizione all'assemblea di fine anno. Così sarebbe dovuto essere, ma così non è stato.
Enrico Varlese ci racconta che nel decennio ormai trascorso, i Fantastico hanno perso pezzi e ritrovato pezzettoni. La spina dorsale è, forse, composta dal Fezio alla batteria (in forma smagliante), dalla chitarra di accompagnamento strimpellata da Stefano Piri (peraltro collaboratore nella realizzazione del primo video di un'altra band genovese, i BrickLane, di cui ho parlato qui), i coristi Paolo Rumolo ed Edoardo "Pedribba, el Grinta" Petrelli (probabilmente il più carismatico e vocalmente insentibile), Andrea Pesce ed i suoi soprannomi come lead vocal ed, appunto, Enrico "Varla" Varlese alla chitarra. Manca il basso? Giusto. La fuoriuscita dal gruppo di un Giacomo Staricco quanto mai ai limiti della decenza ha consentito l'entrata, e la permanenza, di un bassista del livello di Lorenzo Costaguta. Mistero risolto.
Da non dimenticare il ruolo di Michele Spanò (corista), non sempre presente ma, le volte in cui c'è, quanto mai appariscente nei suoi indefiniti ed indefinibili travestimenti.
Insomma, una cozzaglia di persone che messe lì più o meno a caso creano suoni impareggiabili.
Di aneddoti che accompagnano ed hanno fatto la storia di questi miti del pop/rock italiano ce ne sarebbero a bizzeffe.
"Mi diverte ricordare quando suonammo in un ristorante cinese in Corso Torino, serata per pochi intimi dove noi "musicisti" eravamo di gran lunga in numero superiore al pubblico. Nonostante ciò il sostegno non è mai mancato ed i gestori, cinesi appunto, hanno con entusiasmo cantato, pur senza conoscerle, ogni canzone", racconta Varlese.
Insomma, i Fantastico Italiano sono un'enciclopedia della musica italiana, se non altro perché senza di loro dove sentiresti S'inkazza degli 883?
Attendiamo con trepidazione il concerto/evento del prossimo giugno che segnerà definitivamente l'ascesa del mito.
Sosteniamo i Fantastico Italiano e ricordatevi che Donnarumma è un grandissimo calciatore!

domenica 15 gennaio 2012

Midnight in Paris.


Allora, allora, allora.
Dopo un'epopea che non ha avuto eguali (sale piene, prenotate, amanti che litigavano, un po' di tutto, insomma) sono finalmente riuscito a trovare una comoda poltrona libera per vedere l'ultima opera di Woody Allen.
Il post sarà breve ed andrò dritto al punto senza troppi giri di parole: pensavo/speravo meglio.
Caro Woody, le tue idee sono sempre brillanti, originali e nuove ed il film mi è risultato anche piacevole (non rimpiango l'epopea, insomma). Chi avrebbe mai pensato, infatti, di far compiere al proprio personaggio un tour delle varie "Belle Epoque" francesi (e scusate se non ho scritto in modo corretto) alla ricerca del benessere mentale e professionale, rendendolo così interessante ed inconsapevolmente gigolo' da fargli rubare perfino la donna a Picasso.
Idea originale e riuscita, soprattutto per gli amanti di Parigi della quale se ne regala uno spaccato suggestivo.
Però. Però sono po' stufo del fatto che ogni personaggio di Woody Allen venga sceneggiato come se a recitare fosse lo stesso Woody Allen. Ma era così necessario far armeggiare e balbettare Owen Wilson come se davanti - e non solo dietro - alla cinepresa ci fosse, appunto, Woody Allen?
Non hai più l'età per recitare? Vuoi dedicarti solo alla regia? Beh, bene, fallo.
Un unico esempio. In "Basta che funzioni" (film che ho davvero apprezzato e che considero il più riuscito del post 2000) l'attore - Larry David - era la copia sputata di Woody Allen e recitava - non proprio sputato come il buon Owen  - stile Woody Allen (continuare a scrivere Woody Allen è voluto, ridondanza)!
Basta che funzioni, dirai tu, e vado avanti, certo, ma io mi sono un po' rotto.
Fermo restando questo sfogo del tutto personale, consiglio il film, anche perché come può non andarsi a vedere un film di Woody Allen?

sabato 14 gennaio 2012

"Navighiamo per divertirvi..."

Costa Concordia, 14 gennaio 2012.
Mentre scrivo il bilancio ufficiale è di 3 morti, 14 feriti e circa 70 passeggeri che ancora mancano all'appello.


Non si sa di preciso quale sia stata la dinamica della tragedia, ma la nave da crociera Costa Concordia sembra abbia cominciato ad imbarcare acqua poco al largo dell'Isola del Giglio la notte scorsa. 
Potrebbe trattarsi, di errore umano come di un guasto tecnico, ma quello che salta subito all'occhio sono scoglio di granito conficcato nella chiglia e lo squarcio di circa trenta metri presente sul fianco sinistro della nave.


Vi starete certo domandando che cosa centri la punzicata con questo evento luttuoso e se per caso voglia mettermi a fare battute del tipo: "i dispersi erano tutti evasori di Cortina", oppure, "è una strategia del Governo per dare nuove commesse alla Fincantieri"Certo la tentazione sarebbe forte, ma anche i cattivi come me hanno un cuore e Costa Crociere è una compagnia della mia città natale per cui sarebbe senza dubbio un comportamento poco carino.
Quello che voglio fare, invece, è un breve salto nel passato con questo estratto da "Il Corriere della Sera" del 15 aprile 2011:  


"La Corte d'Assise di Torino ha condannato a 16 anni e mezzo per omicidio volontario l'amministratore delegato della ThyssenKrupp Harald Espenhahn. Dopo 94 udienze per i familiari dei sette operai morti la notte del sei dicembre 2007 a causa di un incendio sulla linea cinque delle acciaierie ThyssenKrupp di Torino è stato il giorno della giustizia..."
 "Al banco degli imputati, oltre all'amministratore delegato Harald Espenhahn, 45 anni di Essen, condannato per omicidio, c'erano anche Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento torinese, Gerald Priegnitz, membro del comitato esecutivo dell'azienda, assieme a Marco Pucci, e un altro dirigente Daniele Moroni, accusati a vario titolo di omicidio e incendio colposi (con colpa cosciente) oltre che di omissione delle cautele antinfortunistiche. Per Gerald Priegnitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, confermate le richieste dell'accusa: sono stati condannati a 13 anni e 6 mesi. Solo per Daniele Moroni la Corte ha aumentato la pena a 10 anni e 10 mesi, i pm avevano infatti chiesto 9 anni. È la prima volta che in un processo per morti sul lavoro gli imputati sono stati condannati a pene così alte..."

La sentenza richiamata nell'articolo è stata da molti definita storica ed ha creato in Italia un precedente che potrebbe far venire in mente a qualche giudice, se mai vi saranno indagini e qualora portino ad eventuali processi, di ritenere giusto condannare a numerosi anni di carcere chi doveva garantire le misure di sicurezza necessarie ai propri dipendenti, collaboratori e viaggiatori e non lo ha fatto per risparmiare qualche migliaio di euro. 
Personalmente spero che tutto sulla Concordia fosse in perfetto ordine e che si sia trattato di enorme "sfiga" come testimonia anche questo video:


Dopo esservi toccati i coglioni vi invito ad un minuto di silenzio.

Dott. A.

giovedì 12 gennaio 2012

3 giorni, 2 città: Verona e Padova, il nostro primo viaggio (parte II)


COSA VEDERE:


Casa di Giulietta..fatta la foto sul terrazzo? Toccata la tetta destra della statua? (che poi, dovevate proprio farlo?!?)
E allora andiamo perché ci sono ancora un bel po' di cose da vedere!

Una volta percorsa Via Mazzini (punto di partenza Piazza Erbe, per noi) arriverete in Piazza Bra e qui...l'Arena. (Sì, lo abbiamo fatto! C'era coda all'entrata e siamo andati dalla biglietteria a chiedere se, avendo la Verona card, potevamo entrare saltando la fila e sì, ci ha fatto passare!)




Se, come noi, visitate, o visiterete, la città nel periodo natalizio -è vero che l'azzurro del cielo, in alcune foto, fa credere di essere in primavera, ma, in realtà, era il 7 gennaio- visitate la città anche di sera, noi siamo passati da Piazza Bra verso le 18 e quando ho visto questo...




..ho, finalmente, sentito un po' di quell'atmosfera natalizia che, quest'anno, mi é tanto mancata! 


E anche questo, in Piazza Erbe, devo dire che mi é stato di aiuto!



Da Piazza Bra imboccate Via Roma e arrivate a Castelvecchio




Usciti dal castello sulla sinistra, poco più avanti, c'é l'Arco dei Gavi (spostato da Napoleone che si rifiutò di passarci sotto, simpatico il francese!).
Da qui, prendendo il bus (la fermata è alla destra dell'entrata del castello) arrivate alla Basilica di S. Zeno, un po' fuori dal centro città, ma da vedere!
Tornate in zona Castelvecchio e prendete un altro bus (sempre dalla stessa fermata) che vada in zona S. Fermo per vedere la Chiesa di S. Fermo Maggiore. 
NB: informatevi sull'orario di chiusura delle chiese perché alcune, come quella di S. Fermo, chiudono alle 17!
Facendo Via Cappello ritornerete in Piazza Erbe.

Dopo questa bella camminata non ci resta che andare a cena!


DOVE MANGIARE:

eh si..siamo stati fortunati! Perchè D. ha un'amica a Verona, E., che ci ha portato, la prima sera, all'OSTERIA AL DUOMO dove abbiamo mangiato cose tipiche della cucina veronese: bigoli con le sarde, bigoli con il ragù d'asino, patissada di cavallo e la sbrisolona innaffiata di grappa. Tutto ottimo! Ve la consiglio!  
La seconda sera, sempre su consiglio di E., siamo andati all'OSTERIA SOTTORIVA (anche questa da provare) e abbiamo preso: crespella con ricotta e radicchio rosso, cotechino con puré, torta di mele con pinoli e amaretti e, finalmente, abbiamo assaggiato il recioto! E' un vino liquoroso (scusate veronesi per questa definizione così semplicistica del vostro vino!) molto buono.
Volete portarne una bottiglia a casa? Vi consiglio l'enoteca che trovate in una traversa di Corso Borsari (punto di partenza Piazza Erbe) seguendo le indicazioni per il pozzo dell'amore.

Vi é piaciuta Verona? Bene!


Prossima settimana si va a Padova!

mercoledì 11 gennaio 2012

Some pills.

1. Saprete sicuramente che il Governo ha disposto un'indagine, guidata dal presidente dell'Istat Giovannini, al fine di verificare quanto i costi della politica incidano sul bilancio dello Stato.
Ebbene, i dati rilevano che - molto probabilmente - i nostri reggenti sono i politici più pagati a livello europeo. In un momento di ovvia crisi come è l'attuale ci si sarebbe aspettati - magari i numeri sono approssimativi e non perfetti al 100% - una serie di dichiarazioni del tipo "faremo il possibile per abbattere i nostri privilegi", "ridurremo gli sprechi", "ci 'sacrifichiamo' anche noi", e chi più ne ha più ne metta. Magari anche solo parole al vento, ma di indiscutibile facciata (tanto per anni gli italiani sono stati imboccati con parole vuote, concedetemi questo mini-sfogo populista).
Per tutta risposta:

"Non siamo i politici più pagati".
(Maurizio Gasparri)


Insomma, un po' come quando a scuola si prendeva un bel 5 ed ai genitori si rispondeva "Luca ha preso 4".
Infantili.

2. Affaire Cosentino.
Come ben saprete, non molto tempo fa, quando sedeva a Palazzo Chigi il compianto, ehm, rimpianto presidente Berlusconi, si discuteva del possibile arresto (la Procura di Napoli ipotizza un legame con il clan dei Casalesi) del deputato e coordinatore campano del PdL, Nicola Cosentino. 
Essendo parlamentare, per procedere alla custodia in carcere è necessario il voto favorevole della camera di appartenenza dello stesso, nel caso la Camera dei Deputati.
Ai tempi dello scandalo i rapporti tra PdL e Lega, seppur incrinati, erano piuttosto saldi, e si ipotizzava un esito negativo alla richiesta di arresto. Oggi i tempi sono cambiati e le dichiarazioni di voto del Carroccio propendono pressochè univocamente per il verso opposto. La conseguenza appare scontata.
Le reazioni nel centro-destra alfaniano auspicano, quindi, un ripensamento, questa affermazione - che conclude un più ampio discorso - mi è sembrata interessante:

"Ognuno risponde alla propria coscienza".
(Maurizio Paniz)


Ma cos'avrà voluto dire? Coscienza per cosa? Mah.
Certo è che noi siamo decisamente in-coscienti.
P.s.: ieri la Commissione giustizia ha autorizzato l'arresto, domani si vota. Vedremo chi ha coscienza.

3. Paris Hilton. E' da un po' che non sento qualche vaccata (termine aperto a più interpretazioni) dell'ereditiera più famosa del mondo. Gironzolando dunque qua e la scopro che ha posato per FHM, rivista britannica ormai a caratura internazionale rivolta ad un pubblico maschile (non ne sapevo nulla prima di leggere Wikipedia, confesso), in abiti succinti nonché topless (vedasi sotto anche se non si vede niente, mannagg').


Nulla di strano, ovviamente. Mi hanno lasciato un po' perplesse, però, le sue dichiarazioni:

"La gente pensa che vado a letto con tutti, ma io non sono così. Mi piace baciare, questo è tutto quello che faccio".
(Paris Hilton, fonte TGCom24)

Mi soffermo solo su quell'innocente "mi piace baciare". Chi ha visto "One night in Paris", da non confondersi con il recente "Midnight in Paris" (di cui si parlerà su in-coscienza ne "La domenica del cinema" del 15/01) non può che essere d'accordo con quest'ultima affermazione. Anche questa foto non lascia adito ad ulteriori dubbi.


Ragionando come al precedente punto 1 potrebbe risponderci: "non sono mica l'unica!".
Noi italiani lo sappiamo bene, tanto che la Diesel ha inventato le ginocchiere da blowjob.
Enjoy.

lunedì 9 gennaio 2012

3 giorni, 2 città: Verona e Padova, il nostro primo viaggio

Ditemi il nome di una piazza di Verona? L'abbiamo vista!
E di una chiesa? Visitata anche quella!
Il primo e il terzo giorno li abbiamo dedicati a Verona, il secondo a Padova.

Ecco alcuni consigli per visitare Verona (che DOVETE visitare perché é bellissima!).

Andiamo con ordine..

DOVE DORMIRE:

noi abbiamo preso una stanza al bed and breakfast Residenza San Faustino che vi consiglio principalmente per tre motivi:

1. camera pulita (con bagno privato) e wi-fi gratuito;

2. la colazione si fa in camera (che romantico!) dove troverete un vassoio con le tazze, marmellate varie, fette biscottate, nutella; fuori dalla stanza c'è la macchinetta per le bevande calde e lì accanto troverete le brioches e il pane che, ogni mattina verso le 8, vi porterà la proprietaria della residenza; il frigobar in camera é fornito di latte, yogurt, burro e succhi di frutta a disposizione senza costi aggiuntivi;


 3. vicinanza al centro città: noi abbiamo parcheggiato l'auto proprio sotto la residenza e lì l'abbiamo lasciata fino alla partenza, infatti, a pochi minuti a piedi c'é il Ponte Pietra attraversato il quale siete subito nel centro storico. 



Se arrivate in treno potete raggiungere il bed and breakfast con il bus e ve lo consiglio perché dista circa mezz'ora a piedi (bus n. 91 nei giorni festivi, il 73 in quelli feriali).
Noi abbaimo fatto la Verona Card, € 15, che include l'ingresso a molti monumenti della città (tutti quelli che cito in questo post sono inclusi) e l'utilizzo dei mezzi pubblici sulla linea urbana.


COSA VEDERE:

Verona é a misura d'uomo, a piedi la visitate benissimo e in un paio di giorni riuscirete a vedere molto della città.
Andando verso il ponte (partendo dal bed and breakfast) sulla vostra destra troverete il Teatro Romano e poco più avanti una scalinata in salita che vi porterà al Castel S. Pietro da dove avrete una bellissima vista della città!



Una volta attraversato il Ponte raggiungerete in pochi minuti il Duomo e la Chiesa di Santa Anastasia, da qui -seguendo Corso S. Anastasia- raggiungerete Piazza Erbe, una delle piazze più belle mai viste! Con le sue luci, il suo mercatino, i palazzi che la circondano, le torri che la sovrastano..é stato amore a prima vista!



Dall'alto della Torre dei Lamberti (seconda foto) che potrete raggiungere dopo aver fatto più di 300 scalini..o prendendo il comodo ascensore (con l'aggiunta di € 1)..avrete una seconda vista spettacolare della città!



Da Piazza Erbe potrete arrivare in Piazza dei Signori passando sotto l'arco dal quale pende la costola della balena che noi non abbiamo visto dato che era "incartata per lavori".

Superata la piazza, poco più avanti, ci sono le arche scaligere; proseguendo ancora qualche metro, girato l'angolo a destra, c'é la casa di Romeo (che poi non c'è molto da vedere..).

Tornando in piazza Erbe, imboccate Via Cappello e arriverete alla casa di Giulietta (no, non ho visitato la casa, che é inclusa nella card, né toccato la tetta destra della statua).
Prima di entrare nel cortile, su cui si affaccia il celebre terrazzo, c'é un voltino  i cui muri sono ricoperti da scritte così fitte, ormai, da non riuscire più a distinguere le singole parole.
Lui, con fare schifato, nota anche i numerosi chewing gum appiccicati ai muri..

IO: scriviamo qualcosa?!
LUI: sì, che schifo!

ah..quando si dice il romanticismo.. :-)

to be continued...

domenica 8 gennaio 2012

Sherlock Holmes - Gioco di ombre


Quanti sequel sono di veri e propri abomini rispetto al primo della serie? Beh, in questo caso devo ammettere che il secondo Sherlock Homes mi è piaciuto anche più del primo.
Ritchie, conscio del successo ottenuto al botteghino per la sua prima opera, e persona evidentemente non scema, ha mantenuto intatte quelle caratteristiche che hanno trasformato lo Sherlock Homes doyliano in un investigatore (mai paragone più abusato) alla James Bond danielcraigiano. L'intelletto sopraffino, lo humor, l'arte nel combattimento corpo a corpo, il dono di ragionare come uno Spasskij qualunque prevedendo in anticipo le mosse dell'avversario, nonché la sua "tonica" massa muscolare regalano quel quid pluris al personaggio di Doyle che forse un lettore - già col primo film - non si sarebbe aspettato (si badi bene, caratteristiche che lo stesso sir. inglese aveva trascritto nei suoi racconti, forse un po' meno enfatizzate, chissà. Ad ogni modo va pur sempre ricordato che i libri si immaginano mentre i film si guardano).
Il filo conduttore che lega i due episodi è il temibilissimo Prof. Moriarty, nemesi dell'investigatore più famoso del mondo, nonché suo pari in quanto ad intelletto. Rimasto ai margini del film d'origine - non troppo veramente, chi ha buona memoria si ricorderà come ha fregato Holmes proprio al fotofinish - diventa a tutti gli effetti il protagonista, negativo, di questa pellicola.
Anche in questa avventura la storia è ben strutturata, forse più prevedibile nei suoi passaggi, ma comunque molto curata nei dettagli: "di intuizione". Leggermente azzardata? Bah, rendere Moriarty il possibile artefice della Prima Guerra mondiale con un "gioco d'ombre" così articolato e complesso è degno veramente di una mente che va oltre ogni limite. Vero anche che se il "nemico" non fosse pari, superiore o lievemente inferiore all'eroe non si avrebbero film e l'happy end sarebbe sempre scontato (come più volte è).
Alcuni passaggi possono sembrare un deja-vu, ma come diceva il buon Boskov "squadra che vince non si cambia", lascio a voi l'adattamento.
Personalmente continua a piacermi l'interpretazione di Robert Downing Jr. e Jude Law, coppia azzeccattissima e so funny! Il cane Gladstone è poi la ciliegina sulla torta.
Mi auguro che la Warner non butti nel cesso un prodotto così ben riuscito e dal futuro (non infinito, s'intende, "I pirati dei Caraibi" hanno decisamente stufato), magari anche con un bel prequel, promettente. La stessa Warner farà, invece, fare ad Holmes la fine che gli fece fare Doyle? Ricordo solo che le critiche al secondo piovvero da ogni dove.
Dimenticavo, Stephen Fry (alias Mycroft Holmes) mostra un fisico invidiabile; donne, state all'occhio (nel vero senso della parola).
Insomma, tutto quello che era Sherlock Holmes è ora in Sherlock Holmes - Gioco di ombre. Gli amanti, come me, del primo film non possono far altro che andare in un cinema qualunque, spendere quei 6/7 euro, comprare un biglietto, sedersi comodamente ed aspettare che il film inizi.

sabato 7 gennaio 2012

Natale con i tuoi ma evadi con chi vuoi!!


So che dovrei scrivere un post articolato, profondo e con un'attenta e puntuale analisi dei fatti così da ammaliare le menti di voi famelici lettori, ma in questo placido sabato pomeriggio di gennaio la pigrizia si è impadronita di me (e questo accade ogni sabato del resto).
Lascerò solo quindi solo un breve commento in merito al blitz che, il 30 dicembre scorso, le fiamme gialle hanno svolto nella località montana di Cortina d'Ampezzo:

Fabrizio Cicchitto, onorevole del PDL, ha detto che si è trattato di un comportamento ideologico e vergognoso e così anche l'On. Daniela Santanchè (quella con un culo di gomma al posto delle labbra) si è schierata dalla parte dei presunti evasori.

Alla luce dei ragionamenti di queste due menti eccelse e premesso che la pressione fiscale in Italia resta comunque troppo alta, io vorrei proporvi una semplice equazione:

Daniela Santanchè : Fabrizio Cicchitto = Carestia : Pestilenza

Alla luce di questa semplice equazione elaborata dalla mia beautiful mind (che per chi a scuola odiava la matematica si li legge così: Daniela Santanchè sta a Fabrizio Cicchitto come Carestia sta a Pestilenza), mi pare logico dedurre che:
Se carestie e pestilenze non piacciono a nessuno allora anche Cicchitto e la Santanchè, essendo due emeriti imbecilli, dovrebbero fare cagare all'italiano medio.
Ne deduco quindi che anziché ascoltare quei due soggetti sarebbe meglio leggere i dati trasmessi dall'Agenzia delle Entrate con occhio imparziale e non trarre conclusioni ideologiche o affrettate.
Se poi l'italiano medio dovesse trovare i dati dell'Agenzia noiosi e soporiferi non posso certo dargli torto e quindi come seconda alternativa ai vaneggiamenti di Cicchitto e della Santanchè, suggerisco di investire qualche euro nel film "Vacanze di Natale a Cortina".

In questo modo l'italiano medio potrà:
- restare a tema con Cortina;
- non ascoltare quei due onorevoli plantigradi;
- far girare l'economia;
- chiedere la ricevuta al cinema.

Insomma, quattro piccioni con una fava...

Buon anno!
Dott. A.