I segnali per tornare a scrivere non sono stati certo
incoraggianti e vi spiego perché.
L’idea mi è balenata nel corridoio dello studio: “boh, dai,
stacco quei cinque minuti e spiego (a chi interessa poi?) perché sono tornato
(per ora) a scrivere”.
Detto questo, entro in stanza e stak! (onomatopeizzando). Saltata la luce, o meglio, bruciata la
lampadina. Diversamente non mi spiegherei perché sono l’unico idiota a scrivere
al buio mentre nelle altre stanze sembra di essere a Times Square la notte di
capodanno. Posto nel quale, peraltro, non sono mai stato, (virgola per l’intercalare)
a capodanno.
Punto secondo. Considerando che prima scrivo su word e poi
copio ed incollo sul blog, apro word e mi ritrovo un’impaginazione che fa proprio
cagare. Non ho spazio in alto, margini ad minchiam. Brutto brutto. Ed io son pigro. Cioè, non mi si può boicottare
proprio sul più bello. Son pigro! Non ho la benché minima voglia di rimettere
tutto in ordine. Maledetta pigrizia.
Ah, se non avete capito il “punto secondo”, beh, preciso sono
un cazzo di precisetti (“doppietta”
voluta). Ho le mie fisse sull’impaginazione. Non si possono presentare al lettore
pagine che fan piangere né scrivere su di un foglio che fa piangere. D’altronde se l’occhio piange poi legge male e
comunque io non leggerei per principio. Quando ho sottomano atti di colleghi
avversari che sono impaginati male parto prevenuto. Poi mi inculano, ma si
fottano, io parto prevenuto.
Spero abbiate agevolmente superato questa premessa perché il
concetto che vorrei esprimere viene ora.
Nasce tutto da in-coscienza e dell’uso che se ne sta
facendo.
Seconda premessa.
Per quel che penso io, in-coscienza è un blog nato in un
momento in cui le mie idee o, meglio, i miei pensieri erano focalizzati su
argomenti che mi piaceva condividere. Mi piaceva pensare di poter giudicare un
album musicale, un film, scrivere di quel poco che so di politica, esprimere
un mio pensiero e leggerne qualche
commento.
In-coscienza, per me, è nato leggero.
Io credo che in una comunità ci sia necessità di differenti
opinioni.
Non sono certo io il primo a dire che è una noia mortale
condividere la stessa idea. Che poi cosa condividi se tutto è uguale proprio
non lo so.
Le differenze, tuttavia, devono essere marcate. Marcate nel
senso che è opportuno ed indispensabile che si sappia chi la pensa così e chi la pensa cosà.
Vedendo le ultime pubblicazioni di in-coscienza su Facebook
mi son sentito in dovere di pigiare nuovamente i tasti (poi vi racconterò come
ho scoperto cosa c’è sotto i tasti e che i tasti, in realtà, funzionano anche
senza tasti, incredibile) per scrivere questo: io non la penso così, io non sono
quello che ultimamente vedo scritto.
La “colpa” di questo post è tutta mia. Io non ho più
scritto. Io non ho più commentato. Io non ho più mischiato al pensiero di altri in-coscienti non solo le mie opinioni ma anche le mie parole su fatti del tutto differenti,
facendo così capire ai lettori che in-coscienza non è solo questo (ho pensato molto - bah, molto, qualche secondo - se usare l’indicativo
presente per questa frase o l’imperfetto; diciamo che con l’indicativo presente
mi sono dato fiducia da solo).
Tutto qua.
p.s.: rileggendo mi rendo conto di aver finito la premessa
senza un finale sensato (non che il resto lo sia, certo, non ho la presunzione
di considerare ciò che scrivo piacevole, figuriamoci sensato). Concludo nella
maniera più stringata possibile: viste le premesse… “oh, ‘fanculo”.
p.p.s.: fanculo giustificato dal fatto che non ricordavo più la password.
* Sì, mi piace molto l’uso delle parentesi.
** La precisazione di cui al precedente punto secondo è una
lezione di vita sintetizzabile nel ben conosciuto proverbio: “l’abito non fa il
monaco”.
*** nel caso in cui il tempo usato per “non è tutto questo” non fosse un
indicativo presente vi sarò grato di correggermi. Mi corriggerete ha detto un santo.