lunedì 26 settembre 2011

Ardeche (parte prima)




[l’uso del presente e dell’imperfetto è a discrezione dell’autore]

Alcuni nostri amici hanno avuto la brillante idea di proporci una gitarella ad Ardeche, per dedicare anima e corpo all’antica arte della canoa.
Premesso che non ho mai preso una pagaia in mano, l’idea appariva comunque interessante.
Dopo 4 ore e mezzo (!!) di simpatica tratta Genova–postosconosciutosopramarsiglia, accompagnati dai più diversi generi musicali, ci fermiamo per un meritato riposo in un albergo un poco “spartano”.
Le 6 ore - circa - di meritato riposo sono (in parte) state interrotte da scricchiolii sinistri e prolungati, provenienti da una limitrofa camera, quale non si sa, ma sicuramente molto, ma molto, vicina. Beati loro, mi vien da dire.
Rassicurati che “a Marsiglia non piove mai, succede si e no una o due volte l’anno”, apro le tende della stanza.
Ovviamente pioggia.
Queste simpatiche goccioline che scendono dal cielo non hanno di certo fermato il gruppo di indomiti i quali, dopo una rapidissima spesa (viveri per la notte da passare in una zona attrezzata dopo qualche ora di “navigazione”) si sono diretti a recuperare canoe, salvagente e barilotti.
Brevissima digressione sui barilotti, oggetti dalla forma tonda e pacioccona, a chiusura “stagna”.


Sono stati, dai più, considerati i veri ed unici oggetti indispensabili, salvatori dell’avventura. Ospitanti di vettovaglie e quant’altro doveva trovare estrema protezione dall’acqua. Tutto dentro, tranne quello che, per altezza, dentro proprio non ci stava.
Detto ciò, veniamo trasportati verso la partenza.
Lì per lì (che se non erro è anche il nome di un gelato con lo stecco alla liquirizia) la situazione sembrava piuttosto tranquilla. Due pagaiate di qua, due di la e ci si arrangiava.
Descrivo sommariamente la canoa: colore blu, io nella posizione posteriore con un barilotto dietro di me, davanti a me secondo barilotto più mia ragazza.
Si scende tranquilli tra paesaggi incontaminati, dove la natura ha ancora la sua ultima parola sull’uomo (in tutti i sensi).
Archi di pietra interamente scavati nella roccia, vento che livella i dirupi rendendoli simili a campanili di cattedrali, tutto il verde attorno.
Nudiste.
Il silenzio interrotto solo da noi che scendendo ridiamo di chi, pagaiando, si trova in senso contrario, di chi facendo finta di pagaiare costringe il compagno al doppio mazzo e di chi inizia a cagarsi sotto alla vista della prima rapida.
E mò son cazzi.
Allora, da quel poco che ho capito, chi si trova dietro (nella canoa) è, per così dire, il timoniere. Infatti, chi è davanti ha il solo compito di remare (magari dritto), ma la direzione la da chi è seduto sul sedile posteriore (facendosi un paiolo tanto).
Beh, le prime direzioni che ho dato sembravano decenti (dire buone è troppo), finchè quella roccia a bordo fiume non si è intenzionalmente avvicinata troppo alla nostra canoa, facendoci ribaltare e costringendoci al primo bagno giornaliero (che avremmo, con la dovuta cortesia, posticipato).
In realtà la scena è stata più o meno la seguente.
Rapida piuttosto rapida con curva a destra. La curva a destra c’è stata, ma tardi. Ormai in prossimità della roccia decidiamo allegramente di speronarla; urto ed altrettanto simpatica ribaltata (solo per me).
La mia compagna di viaggio mi ha infatti ricordato, tra un annaspamento e l'altro, che Mr. Barilotto non era riuscito a fagocitare i ferri che avrebbero dovuto sostenere la nostra tenda. Un regalo non voluto al fiume dell’Ardeche.
Conseguenze?
Sentito sconforto essendo stati i primi a ribaltarci ma, soprattutto, avendo ora il serio problema di dare forma a quello che sarebbe dovuto essere il nostro riparo per la notte.
Detto ciò, ci siamo comunque rimessi in marcia.
Intrepidi.
Nello stupore generale, accade un evento incredibile. Qualcun si ribalta, ma non siamo noi.
Ergo: non siamo gli unici incapaci.
A questo punto la gitarella diventa una sfida a chi si ribalta di più; forse doveva essere a chi si ribalta di meno, ma ormai.
Rapida successiva, l’incredibile diventa credibile. Nessuno avrebbe scommesso su di una manovra così eccelsa compiuta dalla coppia Iaia-my name is nick.
Riusciamo a restare, seppur in bilico, dritti sulla nostra canoa.
L’entusiasmo ci spinge a toglierci dalle balle per far scendere le altre persone che seguivano. Peccato che due francesi del cavolo abbiano deciso di scendere giù a tuono, dritti per dritti, puntando la prua della loro canoa dritta per dritta - come loro - verso di noi.
Impatto inevitabile.
Ci ribaltiamo ed al fiume, oltre ai ferri della tenda, regalo i miei bei e cari Ray Ban.
[continua…]
foto tratta da http://www.aventure-canoes.fr/italiano/

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