giovedì 9 febbraio 2012

Carofiglio - Il silenzio dell'onda




Che cosa hanno in comune un carabiniere quarantasettenne, ex agente sotto copertura ormai in congedo, ed un ragazzino undicenne – timido, impacciato e dannatamente sensibile – che nei sogni scopre se stesso? Niente. O forse tutto. Perché entrambi sono figure deboli, in balia degli eventi, incapaci di reagire alle difficoltà – diverse per ragioni anche anagrafiche eppure simili – che la vita ha loro riservato.

La narrazione si sviluppa alternativamente attorno alle due figure, con racconti che si sfiorano, si rincorrono e si intrecciano, fino ad incontrarsi in un finale comune. Il romanzo procede leggero, senza strappi, seguendo le vite dei protagonisti e le loro emozioni: Roberto, il carabiniere in congedo, si racconta attraverso un susseguirsi di sedute dallo psicoanalista (che diventano occasione per “ritrovare” il padre, con cui condivideva la passione per il surf) dapprima silenziose e poi riempite di parole impetuose e sempre più fluide. E Giacomo, che di notte vive ciò che il giorno gli nega: l’affetto e l’addio più consapevole verso un padre che non c’è più e le attenzioni di una compagna di scuola, bella e irraggiungibile. I due protagonisti, inconsapevolmente, si aggrappano a questi frammenti per cercare di squarciare il velo di tristezza che li avvolge fin dalle prime pagine.

Sarebbero destinati ad un probabile fallimento se non fosse per l’incontro con due donne, Emma nel caso di Roberto e la tanto sognata Ginevra per Giacomo, che segnano una svolta nella vita dei protagonisti e li avvicinano, fino a che le pagine di uno non si uniscono e si sovrappongono a quelle dell’altro. I due protagonisti saranno allora preda di sentimenti ed emozioni contrastanti e dovranno fare i conti con ricordi, anche dolorosi, che riaffiorano prepotenti.

L’alternarsi dei due piani di narrazione cattura il lettore, sempre sospeso tra le vicende di Roberto e i sogni di Giacomo e desideroso di conoscere il perché di questo incessante parallelismo. Il racconto scorre veloce, impreziosito da descrizioni – di luoghi, di situazioni o anche solo di emozioni – di rara maestria. Sono i momenti meglio riusciti del romanzo, in cui Carofiglio si dimostra all’altezza di se stesso. E tuttavia, la storia non convince appieno. La patina di triste rassegnazione che circonda i due protagonisti, ed in special modo la loro presentazione, accompagna il romanzo nella sua quasi totalità e finisce per appiattire la storia. Il risultato è un libro che sfiora diverse tematiche, anche profonde, ma senza mai affrontarle apertamente, quasi a lasciarle sospese e irrisolte nella testa del lettore. Manca un pò il mordente ed anche il finale a sorpresa tradisce in parte le attese e si banalizza in un triste e depravato clichè dei giorni nostri.

In definitiva, è un po’ un libro alla Fabio Volo (nota non eccessivamente positiva in effetti), in cui però una storia non particolarmente avvincente è resa piacevole da una scrittura che – almeno per ciò che mi riguarda – non ha eguali.

E tuttavia, è un libro assolutamente da leggere, per almeno tre motivi:
1)   perché l’ha scritto Carofiglio, e ciò che scrive Carofiglio va comunque letto;
2)   perché insegna a Fabio Volo come si scrive; 
3) perché lo dico io, e tanto basta.

6 commenti:

  1. Andrebbe letto soltanto per il motivo n.2...in lista...

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  2. @newmoon35: sono d'accordo, il motivo numero 2 ha un suo perchè. Ma non dimenticherei il primo...Carofiglio è un maestro!!
    @melinda: dici che ho esagerato?ops..

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  3. per una volta, caro il mio boh!, mi toccherà darti ragione..!!

    vabbè ammetto di essere stata d'accordo con te anche qua:
    http://parola-in-coscienza.blogspot.com/2012/01/genova-lisbona-andata-e-soprattutto.html

    p.s.scrivi più spesso!!!

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  4. @flames: darmi ragione, anche se solo ogni tanto,è l'unico modo che hai per non essere sempre dalla parte del torto...o no??
    Il mio ego, ringalluzzito, sentitamente ringrazia.
    p.s.: ormai, chi mi ferma più??al prossimo post...

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