Sentendomi toccato in the prufundis in quanto tifoso della squadra più antica d'Italia, ho aspettato qualche giorno prima di proferir ufficialmente verbo, giusto il tempo di far scemare dentro di me lo schifo che ho provato in quegli attimi e concedendo il medesimo tempo, più che sufficiente, affinché benpensanti ed opinione pubblica smaltissero, come usualmente avviene, l'interesse per un fatto portato alla ribalta come clamoroso per solo 2/3 giorni.
Ferma la mia più che totale condanna per ciò che è successo al L. Ferraris domenica 22 aprile attorno alle ore 16.05, mi devo tuttavia togliere due o tre sassolini dalle scarpe perché, a parer mio, la gente spesso parla a vanvera avendo la fortuna (ed il più delle volte troppa) di possedere una lingua e/o delle dita, ma più semplicemente un cervello.
Comincio.
1) Cari sigg. Presidente Abete e Presidente Petrucci, cosa ne sapete Voi di quel che significa indossare una maglia? In ambito calcistico non è semplicemente il gesto di far passare testa e braccia dai tre buchi che vi si trovano, no. In quest'ambito significa rappresentare - sportivamente - una città (nel nostro caso mezza) dinnanzi a tutta Italia.
Nel momento in cui chi mi rappresenta, per sue colpe, non è degno di farlo, chiedo semplicemente di non indossare più quel segno distintivo caratterizzante una situazione, un sentimento, una storia.
Questo discorso dovrebbe valere anche per altri ambiti extra-sportivi.
Questo discorso dovrebbe valere anche per altri ambiti extra-sportivi.
Come detto, i mezzi e le modalità sono stati errati, ma tutto il Vostro ciarpame mediatico è stato risibile e ridicolo. Pensaste più a sistemare un mondo marcio invece che a sedervi su poltrone, a sentenziare ed incassare stipendi. A populismo, perdonatemi, rispondo con populismo.
2) Cara @meurty, donna di Twitter che non seguo e della quale, purtroppo, ho visto ritwittata sulla mia timeline una frase che definire stupida e superficiale è riduttivo; anzi, più passa il tempo più ritengo che sia stata una vera cagata, da me ben epitetata.
La suddetta signorina, dopo Barcellona-Chelsea, scrisse: "I tifosi del Genoa prendessero esempio da quelli del Barca.".
One question: mi definisci "tifoso" del Genoa?
One question: mi definisci "tifoso" del Genoa?
Non molto signorilmente, lo ammetto, ho risposto: "ma non diciamo cagate va. Io sono tifoso del Genoa e non ero certo tra quei 60 imbecilli. Gli altri 20.000 fischiavano quello schifo".
Non entro nel merito di quel che è accaduto che, a posteriori, non come modi ma come concetti in parte posso anche condividere (calcisticamente, chi retrocede sono io che ho pagato un abbonamento, non un calciatore che l'anno prossimo chiederà di andar via e giocherà di nuovo in Serie A, lasciando me nella cacca), da ciò prendo spunto per (a) richiedere ai twitteri di usare con parsimonia lo strumento del "retweet" e (b) ciò che leggerete nelle prossime righe.
Prendo ad esempio questa scaramuccia verbale per evidenziare ancora una volta come troppo spesso le persone perdano occasione per stare zitte.
Ma da ciò vado oltre, infatti se le notizie venissero date correttamente, forse non si cadrebbe in simili commenti, espressioni e banalità.
Ma come spesso accade i media tendono a dare risalto solo a quel che consente loro di far lievitare share e vendite nelle edicole.
Prendo ad esempio questa scaramuccia verbale per evidenziare ancora una volta come troppo spesso le persone perdano occasione per stare zitte.
Ma da ciò vado oltre, infatti se le notizie venissero date correttamente, forse non si cadrebbe in simili commenti, espressioni e banalità.
Ma come spesso accade i media tendono a dare risalto solo a quel che consente loro di far lievitare share e vendite nelle edicole.
Quel 22 aprile, infatti, seppur inebriato dall'"assenzio del moro", ho potuto constatare che su 20.000 persone, 60 erano a far casino, 19.940 fischiavano, o meglio buona parte di questi 19.940 fischiava, proprio verso chi quel casino lo stava facendo. Inoltre, all'uscita dal campo del Siena son piovuti applausi da parte di 20.000 persone, tutte, per una squadra che ha semplicemente fatto quel che doveva: onorare la maglia ed un campionato, rappresentando con tutte le sue forze la propria città ed i propri tifosi.
Ma questa, evidentemente, è un'altra storia poco interessante. Ciò che è sempre veramente importante è additare, puntare l'indice, ergersi a portavoce di falsi moralismi che questa volta sono capitati nel calcio, la prossima chissà.
Che tristezza.
Sui falsi moralismi e moralisti mi trovi d'accordo.. Quello che io mi chiedo -da grande romanista, per cui capisco come la contestazione dei tifosi ci possa stare- è: perché i giocatori si sono tolti la maglia? Per placare gli animi? Mmmh... Secondo me non dovevano cedere!
RispondiEliminaSarò esagerato, ma gente che pensa solo a guadagnare soldi senza nemmeno metterci un briciolo d'impegno penso che quella maglia non la debba indossare. "Chi rimane a giocare?", si può facilmente obiettare. Vero anche questo.
RispondiEliminaCerto è che i modi ed i tempi sono stati assolutamente sbagliati.