domenica 27 gennaio 2013

Pagliacci di Siena - il caso MPS raccontato da Dott. A. (su preciso ordine di Amarillys)

Da alcuni giorni leggo sui giornali titoli allarmanti del tipo:

"Mps, caccia ai conti segreti..."
"Mps: nuove accuse...""Sequestrato il pc di Mussari, mail cancellate...""Mps, tutto ciò che devono sapere i risparmiatori..."
"Due filoni nel mirino dei magistrati: l’acquisizione di Antonveneta e le operazioni sui titoli tossici della banca..." 
"Falso in bilancio e ostacolo alla vigilanza i reati ipotizzati..."

Buonasera a tutti, io sono Dott. A. e mentre leggete questo post (sbirciando nel frattempo qualche sito porno) MPS, la banca millenaria senese (che esiste dal 1472), sta per finire con il culo per terra.
Ripercorriamo brevemente le tappe salienti di questo teatrino vergognoso a sfondo tricolore:
Sono passati circa 5 anni, ma nessuno ha ancora spiegato le ragioni dell'acquisto della banca Antonveneta per quasi 10 miliardi quando ne valeva, secondo alcuni analisti, circa tre o quattro. Si perchè l'affare Antonveneta è considerato da molti il "peccato originale" che avrebbe portato Mps a "buttare al vento" almeno 5 miliardi di Euro per un investimento molto poco redditizio.
Nel settembre del 2007, la grande multinazionale spagnola Banco Santander entra in possesso di Antonveneta al costo di 6,6 miliardi di euro. Ma gli spagnoli si accorgono di non avere fatto un buon affare: Antonveneta ha perso clientela (-35%), perde depositi (-3,2%), perde il capitale netto consolidato (-4,1%) e perde nel conto economico (c.ca 6 milioni). Così i mangiatori di paella scorporano dal suo patrimonio la partecipazione in Interbanca (che vale 1,6 miliardi) e cercano se possibile un compratore. 
Lo trovano nel Monte dei Paschi che, travolto da un raptus di folle “generosità” si impegna per circa 10 miliardi di Euro per rilevare una banca che a 5 miliardi era considerata un pessimo affare. 
Al Santander esultano: in soli tre mesi da quel pessimo affare hanno guadagnato 5 miliardi (rendimento: 100% in un trimestre, il 400% su base annua!). Antonveneta tornata italiana? L'italianità delle banche tanto evocata all'epoca è stata difesa? Neanche per sogno, sono 10 miliardi di Euro italiani che se ne vanno all’estero, anch'essi a mangiar paella. Incredibile ma vero, però, si esulta anche al Monte, in città e nel Paese. Tutti innalzano grida di ammirazione per la brillante operazione di Mussari. I giornali si congratulano per il ritorno in Italia di una banca che dall’Italia non si era mai mossa e tacciono sul fatto che invece dall’Italia se ne vanno davvero 10 interi miliardi. Tutti sembrano convinti, anzi, che il Monte dei Paschi e l’Italia si siano improvvisamente arricchiti di 10 miliardi, ma non fu così.
L'aspetto più incredibile a mio avviso è anche un altro. All’epoca il Monte dei Paschi valeva 9 miliardi. Ciononostante compra una banca grande la metà di sè (1.000 sportelli contro i propri 2.000) e dalla salute assai precaria, pagandola una cifra ben superiore al proprio valore. In cassa non c’è una lira e bisognerà vendere un’enorme quantità di cespiti (attività  in bilancio) procurando così un forte indebolimento della struttura patrimoniale di MPS. Inoltre, MPS dovrà lanciare uno spropositato aumento di capitale (operazioni concomitanti, per giunta, con una crisi spaventosa del mercato immobiliare e mobiliare). 
Dal canto loro i mercati finanziari approvano l'azione di alleggerimento del Santander premiandolo con un balzo in borsa di oltre il 14%, e puniscono, ovviamente, il Monte con un rovescio di oltre il 10%. 
Insomma, il Monte indebitato si impegnò a comprare per 10 miliardi una banca che per sua 
stessa ammissione ufficiale ne valeva 3, senza avere una lira in cassa.
Neanche 20 anni fa MPS era considerata una banca tra le più solide d’Europa e la più liquida d’Italia. Ora a poco più di 15 anni dalla privatizzazione e dopo la cura della sedicente sinistra che ne ha assunto il controllo, non c’è più una lira e, dice la stampa, “MPS è tra le banche peggio capitalizzate in Europa”.
Come se quello che vi ho raccontato fin d'ora non bastasse, nella prima metà degli anni 2000 vengono realizzate una serie di operazioni di finanza strutturata, allora di gran moda. Ovvero, titoli, come obbligazioni, il cui valore è legato all’andamento di altri titoli detti sottostante, che posso essere altre obbligazioni, pronti contro termine, titoli su mutui come nel caso dei subprime e altro, in un grado di sempre maggiore complessità. Il crollo di Lehman fa tremare le Borse e rende questi prodotti «tossici», tali da maturare forti perdite. 
Arrivando ai giorni nostri, la situazione precipita nel 2011. Nella crisi generale della finanza, Mps non se la passa bene. Ricorre ai Tremonti-bond per rafforzare il suo capitale, 1,9 miliardi. Nella prima metà dell’anno lancia un aumento di capitale da 2,4 miliardi. Sarebbero dovuti servire a rimborsare i Monti-bond. Condizionale d’obbligo, perché poi scoppia la crisi sul debito italiano. Il portafoglio della banca è pieno di titoli di Stato e la banca affonda. La Fondazione MPS partecipa all’aumento e per farlo, fatto senza precedenti, s’indebita. Bankitalia, intanto, già da fine 2010 segnala una serie di pesanti anomalie nella gestione dell’area finanza della banca. Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 viene mandato a casa il direttore generale, Antonio Vigni. Nella primavera il rinnovo del cda lascerà fuori Mussari, che però nel frattempo si è insediato all’Abi, l’associazione della banche italiane, dove verrà riconfermato nel giugno 2012. 
Oggi la magistratura porta avanti due inchieste, distinte ma intrecciate. La prima riguarda l’operazione di Antonveneta e vedrebbe indagati i vertici della passata gestione. L’altro filone riguarda i derivati e gli altri prodotti strutturati fuori bilancio. 
Quale che sarà la conclusione delle indagini, personalmente, auguro a certi manager incapaci e dagli stipendi stellari solo enormi dolori e sofferenze, non professionali, ma umane. Non voglio dilungarmi in epiteti scherzosi e frecciatine stile Giuseppe Cruciani.
Questa volta non voglio ridere, non riesco nemmeno a sogghignare. Questa volta ho solo una speranza; che questi uomini, che hanno vissuto così alla grande sfruttando un patrimonio di tutti come fosse una partita a Monopoli, precipitino in un vortice di dolore e sofferenza. Di sconforto e depressione. Sofferenza che li porti anche a gesti estremi e che la loro fine, come uomini, li renda un valido esempio per tutti coloro che, sedendo in qualche altro CDA o ricoprendo qualche altra carica altrettanto prestigiosa, pensassero, anche solo lontanamente di mancare di rispetto al Paese in modo altrettanto grave e arrogante.
Dott. A. 

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